La maglia bio "Big Logo" firmata Spazzuk
La moda unisex è tornata…di moda. O meglio non se n’è mai andata. Nonostante gli abiti da uomo, il profumo maschile, gli occhiali da donna, l'abbigliamento femminile e via dicendo.
Perché è vero che c’è sempre stata una differenziazione tra le donne che indossavano le gonne e gli uomini che indossavano i pantaloni, così come è altrettanto vero che queste differenze esistono ancora.
Ma questo assunto si è modificato nel tempo, soprattutto dopo la sopraggiunta popolarità di jeans e t-shirts unisex. E infatti ci sono sempre più donne che adorano indossare i pantaloni e sempre più uomini che indossano le gonne!
La moda unisex 2018 è una dichiarazione di stile non più una scelta di pochi.
La t-shirt nera asimmetrica "Cucù" firmata Spazzuk
Cosa vuol dire unisex
Prima di addentraci nella storia della moda unisex, scopriamo quali sono i significati che i più importanti dizionari del mondo danno del termine unisex.
Dictionary lo definisce come:
“Di, progettato, o adatto per entrambi i sessi; non distingue tra maschio e femmina”.
Il dizionario di Oxford ribadisce il concetto:
“Progettato per essere adatto a entrambi i sessi”.
Il vocabolario della Treccani è definitivo:
“Nel linguaggio della moda, si dice di indumenti (casacche, camicie, pantaloni, ecc.) che sono portati indifferentemente sia da uomini sia da donne”.
Curiosità: il termine unisex è stato usato per la prima volta verso la fine degli anni '60 a indicare quel tipo di indumenti che potevano essere indossati da tutti.
Prima di quella che fu una vera e propria rivoluzione sociale, esisteva una demarcazione netta tra vestiti per donna e vestiti per uomo.
Pubblicità di outfit e vestiti unisex negli anni '60
La moda unisex: dai vestiti a Hollywood
Anche Hollywood ha avuto un ruolo importante nel divulgare il concetto di abbigliamento unisex: in quanti film avete visto le protagoniste femminili indossare jeans e magliette?
A proposito del jeans, uno come Yves Saint Laurent diceva:
“Avrei voluto inventare una sola cosa nella vita: i blue jeans: non c’è nulla di più spettacolare, più pratico, più rilassato e disinvolto. Hanno espressione, modestia, sex appeal, semplicità – tutto ciò che vorrei per i miei vestiti.”
Se prima dei 60’ questo outfit era considerato tipico della classe operaia, da quando i divi e le dive del grande cinema americano lo portarono in scena, iniziò il grande boom della moda unisex.
Che dura fino ad oggi e che si è imposto anche attraverso le serie TV degli anni ’80 – da Happy Days ad Hazard, passando per Genitori in Blue Jeans e I Robinson.
Gli indimenticabili e stilosi cugini Duke di Hazzard
Il fashion style propagandato era chiaramente unisex.
Il che non significa annullare l’identità di genere ma rendere ogni genere libero di esprimersi come meglio crede.
Non è differenza da poco.
La rivoluzione nell'abbigliamento unisex…
Una rivoluzione dovuta certamente alla cultura americana, che ha segnato l’immaginario collettivo occidentale dalla nascita del cinema (1895) prima e della televisione (1926) poi.
Ma c’è un anno ben preciso – e dobbiamo tornare indietro di qualche anno - in cui far risalire la prima vera emancipazione femminile legata ad un abbigliamento unisex.
È il 1850 quando una giovane attivista, Amelia Bloomer, professa un ruolo più centrale della donna nella società americana, anche (e soprattutto) a partire dall'abbigliamento.
Nascono così i bloomers, anche detti pantaloni alla turca.
I bloomers nel 1850
I bloomers nel 1970
Ora, dimmi: non era forse il primo esempio di moda unisex?
Il vero cambio di mentalità c’è nel secondo dopoguerra e, definitivamente, con la rivoluzione sessuale, quando le donne rompono con le tradizioni del passato e iniziano a indossare abiti usati dagli uomini.
…e l'evoluzione dei vestiti unisex
La rivoluzionaria Parigi dà a questo cambiamento epocale una patente di moda, quando i capolavori disegnati da Pierre Cardin, Paco Rabanne e Andre Courreges sfilano sulle passerelle di tutto il mondo.
Nel 1968 il New York Times sdogana per la prima volta la parola unisex per descrivere la scarpa goffa. E alla fine di quell'anno altre cinque grandi magazine ne parlano.
Le strade si riempiono di ragazze con i capelli corti, camicia e pantaloni, e ragazzi con i capelli lunghi, collane e orecchini.
Oggi questa pubblicità si definirebbe 'gender-fluid': all'epoca (1970) era semplicemente unisex...
Saltano tutti gli schemi e la libertà di espressione di sé attraverso l’immagine che si offre agli altri diventa un obiettivo da perseguire a tutti i costi. Fino a creare uno stile unico, inconfondibile: quello dell’io rispetto al resto dell’universo.
Il successo della moda unisex diventa globale. E da allora ad oggi, almeno da questo punto di vista, poco o nulla è cambiato.
Le icone della moda unisex
Partiamo dal più antico. Un uomo del 1700 che è passato alla storia anche per la sua parrucca appariscente: stiamo parlando di Luigi XIV, detto il Re Sole.
Il secondo che mi viene in mente è molto più recente rispetto al re di Francia ma altrettanto iconico. Dal soprannome aristocratico, David Bowie detto il Duca Bianco ha rotto tutti gli schemi musicali del passato, creando un modo nuovo di essere artista.
Chiudo con una donna, e che donna: la Diane Keaton di “Io e Anni”, film del ’77 che ha lanciato Woody Allen nell’Olimpo del cinema mondiale. 4 Oscar e l’immaginario collettivo scopre che la donna (o può essere) una figura rinnovata, più forte, che tiene testa al maschio in tutto e per tutto. Vestiti compresi.
E qui mi riecheggiano nella testa le parole dolci di Coco Chanel:
“La moda non è qualcosa che esiste solo negli abiti. La moda è nel cielo,nella strada, la moda ha a che fare con le idee, il nostro modo di vivere, che cosa sta accadendo.”
Perché in fondo, l’unica moda che non passerà mai è il tuo stile, unico e inimitabile.